incontro con OSCAR LUIGI SCALFARO (allora presidente della repubblica Italiana)

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Vi racconto quella volta che partecipai assieme ad altre 40 persone – tutti Esuli giuliano-dalmati, a quel deludente ed amaro incontro con l’allora Presidente OSCAR LUIGI SCALFARO. La delegazione era guidata da DENIS ZIGANTE, allora Presidente delle sei associazioni riunite nella Federazione delle Associazioni degli Esuli Giuliani, Istriani, Fiumani, Dalmati e Presidente dell’Unione degli Istriani (una delle meritevoli associazioni, unica ad aver avuto il coraggio pochi anni fa, con il suo attuale Presidente Massimiliano LACOTA a protestare per l’affissione della TARGA che oggi si trova al 1° binario della stazione di Bologna).

Era il 9 dicembre 1997. Cominciò così.

DENIS ZIGANTE salutò l’allora presidente della Repubblica OSCAR LUIGI SCALFARO, ringraziandolo per l’incontro che avveniva pochi mesi dopo le manifestazioni di Trieste, avvenute nel mese di settembre, nella splendida piazza dell’Unità d’Italia a Trieste. Quel giorno Donne e Uomini, per lo più anziani manifestavano contro l’iniquo trattato che 50 anni prima (10 febbraio 1947) cedeva le Terre Italiane di Istria, Fiume e Dalmazia alla nascente Repubblica Federativa di Jugoslavia. Fù la mia prima volta, la prima volta in vita mia che protestavo. Urlavo a gran voce insieme ai giovani dell’ADES (associazione che avevo costituito 3 anni prima e che ho avuto l’onore di presiedere ancora per diverso tempo, per 14 anni ininterrottamente). Allora, il mio sospetto che la “chiamata” del presidente della Repubblica a Roma, fu originata dal fatto che volle sentire le nostre ragioni, sui motivi della protesta che in quella giornata di settembre toccò toni aspri fino ad impedire di parlare al rappresentante di governo inviato per l’occasione: l’allora Ministro MACCANICO. …vi confesserò che ero orgoglioso di URLARE a viva voce “venduto, venduto, venduto..” in queste semplici e pur brutte parole che lanciavamo a uno dei tanti, soliti rappresentanti di Stato (avulsi al contesto e privi delle conoscenze sui fatti accaduti sul territorio). Per tutti noi, in quel momento, quell’uomo significava la presenza di uno Stato, tacito complice durante e dopo i luttuosi fatti di sangue verificatisi sul confine nord-orientale. Una patria sentita come matrigna, perché insensibile alle sofferenze delle persone. All’ingiustizia che là si compiva una carneficina, che là intere famiglie avrebbero pagato il terrore abbandonando tutto: averi, case, terreni, attività commerciali…tutto ciò che le persone possono costruirsi una generazione dopo l’altra. Uno Stato piegato più alle ragione ideologiche comuniste che vincevano su quei confini nazionali, vincevano sulla politica democristiana di De Gasperi. Il risultato fu che si diede il male, si creò il danno a gente pacifica, laboriosa, umile e semplice:  gli Istriani, Fiumani, Dalmati.

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MACCANICO non riuscì a parlare. Le urla   “venduto, venduto, venduto..”  interrompevano il suo intervento e dopo averci provato 3, forse 4 o 5 volte desistette. Un ultimo tentativo di calmierare la piazza lo fece – per dovere di ospitalità – DENIS ZIGANTE. Niente, neanche lui riuscì. MACCANICO rinunciò.

Avevamo il diritto dopo 50 anni a chiedere almeno questo? Impedire che l’ennesimo politico venisse a prenderci in giro? A chiederci di dimenticare, di rinunciare a pretendere giustizia, di rinunciare ad aspettarci un riconoscimento perlomeno morale?

Torniamo all’incontro di qualche mese dopo, in dicembre a Roma. Il presidente dell’UNIONE degli ISTRIANI di allora DENIS ZIGANTE ricordò la tragedia che tra il 1943 e gli anni successivi, anche a guerra conclusa: il ’45, ’46, 47, fino ai primi anni ’50, quando già nella penisola italiana si cominciava a godere la pace e la faticosa ricostruzione, pur sempre però fatta di speranza concreta per uomini, donne e famiglie. Ricordò che nelle Terre giuliano-dalmate si consumavano massacri gettando nelle Foibe migliaia di persone di ogni età, ogni censo, ogni etnia (nella stragrande maggioranza erano Italiani) di ogni appartenenza politica o meno. Il terrore dilagava, mia nonna paterna tenne duro qualche anno, anche dopo la morte di mio nonno Luigi ma nel 1948 non ce la fece più. Mia nonna materna resistette fino al 1952.

DENIS ZIGANTE ricordava i drammi umani e familiari..pochi minuti passarono, credo circa 7-10. Concluse dicendo che la comunità della gente lì rappresentata da 40 persone (io ne ero onorato, uno dei più giovani, avevo 35 anni-indicato dalla freccia gialla il sottoscritto, da quella rossa Oscar Luigi Scalfaro ed a fianco DENIS ZIGANTE) si aspettava dallo Stato un segno di riconoscimento che non era ancora avvenuto; seppur ci si attendeva giustizia non si desiderava mettere in prigione i carnefici responsabili delle mattanza in Istria, Fiume, Dalmazia; erano infatti ancora in libera circolazione, qualcuno di essi godeva addirittura della pensione italiana pur essendo cittadino sloveno o croato. DENIS ZIGANTE affermò che ciò che era importante che lo Stato desse un segnale, un segno di riconoscimento. C’era un aria di attesa, quasi di trepidazione…tutti attendevamo un cenno dal presidente della Repubblica (fra noi pensavamo “se ci ha convocati….intende fare un passo importante verso di noi, chissà come e cosa..”). DENIS ZIGANTE concluse il suo saluto.

SCALFARO a quel punto prese la parola.

Esordì con “ma a lei chi le l’ha dette queste cose”, i 40 rappresentanti raggelarono, ZIGANTE balbettò, sforzandosi con dignità di formulare la risposta: “ma… come presidente…sono testimonianze della nostra gente, nostre associazioni…anche la mia famiglia è parte integrante di questa comunità regionale: Istria, Fiume e Dalmazia. Nelle nostre case, nelle nostre famiglie queste cose sono note”.

SCALFARO continuò: “vede le cose non sono andate così,  l’ho spiego io come sono andate veramente le cose”. Già da questo momento in poi, comprendemmo tutti il reale proposito che aveva mosso il presidente SCALFARO a questo incontro, non per comprendere le nostre ragioni, del perché era in noi così vivo un sentimento di protesta verso i passati governi sulla questione giuliano-dalmata, le sue intenzioni erano piuttosto di redarguirci, lanciare su di noi un monito, ci eravamo comportati da “cattivi ragazzacci”. Infatti ci disse che all’origine di tutto furono gli esiti della 1 a guerra mondiale con cui le Terre di Trento, Trieste (quindi l’Istria tranne Fiume) erano state incluse all’allora monca Italia Unità, sostenne che questo non sarebbe dovuto avvenire, poi il fascismo esasperò (sempre la tesi di SCALFARO) con il suo sentimento nazionale i contrasti tra gli Italiani e le popolazioni slave. Ecco come andarono le cose.

Qualcuno tra i 40 mugugnò. Brusio leggero in sala. Una voce si levò, la pasionaria MIRIAM ANDREATINI, già presidente del Comitato ANVGD di Firenze che verso il presidente della Repubblica diresse la frase “..presidente siamo Italiani due volte per nascita e scelta”. Ma SCALFARO incurante, prosegui. Nel suo discorso giustificò la violenza della pulizia etnica di migliaia di persone (circa 10.000) gettate dentro profondi pozzi naturali: le Foibe. Disse che le responsabilità erano dei passati regimi,  sollevando così di ogni responsabilità (quantomeno alleggerendola) le popolazioni slave che avevamo abbracciato l’ideologia comunista, grazie al loro leader JOSIZ BROZ detto TITO, esse consideravano quell’idea politica in modo entusiasticamente, giustificavano che bisognava usare mezzi cruenti, tutti utili al raggiungimento del “paradiso in terra”, dove finalmente tutti gli uomini sarebbero sati uguali. In questa comune visione vi era una sparuta minoranza di Italiani locali che appoggiati dai connazionali guidati da TOGLIATTI operavano azioni partigiane, provenendo nottetempo dai boschi circostanti, indossando divise che portavano la STELLA ROSSA nel copricapo, seminando il panico tra la gente, imprigionando, deportando nei lager di Tito ed assassinando a loro discrezione.

A quel punto ero amareggiato…pensavo ad un gesto: alzarmi ed andarmene con un dichiarazione “Lei non è il Presidente di tutti gli Italiani”. Ma  non lo feci, mi sembrava comunque poco rispettoso, comunque nel contesto istituzionale in cui ci trovavamo mi sembrava di essere maleducato, di far un torto a tanta gente più adulta di me e che prima di me tanto aveva dato alla Causa Istriana, Fiumana e Dalmata, dedicando tempo e dedizioni assolute nelle varie associazioni. Mi trattenni. Annullai il mio proposito.

All’uscita, una giornalista de “IL TEMPO” Maria Paola Gianni mi intervistò, le dissi senza esitazione ciò che avevo provato, il giorno dopo pubblico sul suo giornale la mia intervista titolandola: “SCALFARO NON E’ ILPRESIDENTE DI TUTTI GLI ITALIANI”.

Concludo questo mio resoconto con un auspicio “Che il 10 febbraio di ogni anno possa essere un BUON RICORDO, che mostri un fermo e rispettoso atteggiamento verso le vittime e sguardo ad un futuro più giusto, frutto delle speranze unite alla verità storica e sofferenze umane passate”.

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